domenica 3 maggio 2015

Matteo Salvini, l'allegro alchimista

Ricordate quei riti folkloristici semi-sciamanici praticati dal partito più longevo del Parlamento Italiano? I raduni a Pontida, le ampolle con l'acqua del Po, Alberto da Giussano e tutto il resto del caleidoscopico intruglio fantastorico che sta alla base del mito della “Lega Nord per l'indipendenza della Padania”. Sì, Padania. Una delle paroline magiche, insieme a “secessione” o, per i più moderati, “federalismo”, che hanno tirato avanti il Carroccio dalla fondazione fino a oggi, passando per alti e bassi. Quando si parla della Lega Nord si tende sempre a sciorinare giudizi di valore etico e anche sui nostri maggiori quotidiani nazionali, ahinoi, si stenta a leggere analisi politiche di valore strategico che potrebbero essere molto più utili per la comprensione di un movimento politico che è riuscito a creare un mito nazionale basandosi sui regionalismi (innegabilmente esistenti), in grado di raccogliere consensi sia a destra che a sinistra. Il terremoto di Tangentopoli ha certamente aiutato la crescita di un partito che sin dagli albori si proclamava diverso dai partiti tradizionali, ma la strategia di fondo del partito è sostanzialmente basata sul fatto, ormai evidente, che il popolo ormai vota sempre più con lo stomaco e con le emozioni e sempre meno con il cervello: “governare è far credere”. Una base fortemente connessa al partito e l'immagine del partito duro e puro hanno fatto il resto. I risultati? Nel giro di pochi anni la Lega Nord è entrata nel giro delle coalizioni che si sono succedute al governo.
Tuttavia, analizzando la cronaca politica italiana degli ultimi anni, è evidente un cambio di direzione iniziato con la segreteria di Matteo Salvini. L'attuale segretario ha ereditato un partito in declino, sommerso da scandali tipici dei partiti italiani che hanno deluso la base e l'elettorato. Inoltre, in molti anni di governo la Lega non è mai riuscita a portare il tema dell'indipendenza all'interno delle istituzioni romane e si è limitata ad azioni di facciata, puramente simboliche. In poche parole, la Lega non era più quel partito che attirava i consensi con il “fascino della base” (valore tradizionalmente di sinistra) o con il mito nazionale padano. Dall'ascesa di Matteo Salvini come segretario secessione, federalismo e campanilismi nord-sud sono passati in secondo piano, portando più a destra il partito a favore di temi di vocazione nazionale ed antieuropeista. Salvini vuole trasformare il partito locale in un moderno partito pigliatutto, nazionale e ideologicamente trasversale, approfittando anche della parabola discendente di Silvio Berlusconi per reclamare la leadership del centrodestra. La base ha perso il suo ruolo di bacino principale di consensi, il quale ormai è da trovarsi nell'elettorato deluso dall'attuale situazione politica, sia a destra che a sinistra. Ma qual è il ruolo dei militanti di lungo corso della Lega Nord in tutto questo? Cosa pensa la base, tradizionalmente molto forte, di questo cambiamento di rotta? I temi che un tempo rappresentavano lo zoccolo duro dei consensi si sono ormai eclissati e non sono più i punti principali dell'agenda politica leghista. Le prime crepe si vedono già in Veneto, con il segretario della Liga Veneta, Flavio Tosi, espulso dal partito. Ed è proprio in quel caso che Salvini, da astuto stratega, ha rispolverato secessione e Padania per calmare le acque. Ma non sappiamo quanto durerà, e non sappiamo quali risultati potrà raggiungere la Lega Nord del nuovo corso, basata sull'astuzia e sull'opportunismo politico del suo nuovo segretario. Astuzia e opportunismo, concetti completamente opposti al tradizionale modus operandi politico della Lega. Evoluzione pragmatista o rinnego delle proprie radici, tanto care alla Lega Nord tradizionale?
Spero almeno che qualcuno abbia almeno il coraggio di ricordare al Don Chisciotte Salvini in lotta con i mulini a vento dell'Euro che il suo partito nel 1992 votò a favore per la ratifica del trattato di Maastricht.

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